martedì 31 gennaio 2012

Marzo 2010


06/03/2010

CHE FINE HA FATTO LA CERTEZZA DELLE REGOLE?

I miei commenti fuori quota continuano, il mio sbalordimento pure.


Perchè ieri sera è stato approvato, anche dal presidente della Repubblica (il quale comincio a dubitare che non abbia abbastanza polso per fare ciò che deve fare istituzionalmente, cioè il garante della Costituzione) un “decreto interpretativo” che sana la situazione che si è creata in Lazio e Lombardia e che ha portato all'esclusione di due liste della Pdl.


Non ho voglia né intenzione di esprimere opinioni, perchè in un campo come questo le opinioni non dovrebbero contare: non so se per studi o per abitudini famigliari, ho sempre saputo di dovere obbedienza allo Stato Italiano per un vantaggio mio e della collettività e che quindi davanti alle leggi io debba semplicemente seguirle.


Per questo subisco da ore un paradosso che non riesco a sciogliere e che non vorrei nemmeno affrontare: o meglio, non avrei mai voluto che le mie Istituzioni mi costringessero ad affrontare.


Per definire ilmio scoramento mi limiterò a riportare, cercando di renderlo il più comprensibile ma tenendomi fedele al testo, l'articolo della legge che disciplina l'attività del Governo, nella parte in cui precisa come possono essere fatti i decreti legge: per la cronaca, i "decreti legge" sono leggi scritte dal Governo invece che dal Parlamento (che sarebbe l'organo naturale deputato a scriverle) “per motivi di necessità e urgenza” solo per un periodo breve: entro 60 giorni vanno infatti convertiti in leggi "vere" dal Parlamento, sennò non hanno più valore.





Legge 23 agosto 1988: “Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri





Art. 15 - Decreti-legge 


1. I provvedimenti provvisori con forza di legge ordinaria adottati ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione sono presentati per l'emanazione al Presidente della Repubblica con la denominazione di "decreto-legge" e con l'indicazione, nel preambolo, delle circostanze straordinarie di necessità e di urgenza che ne giustificano l'adozione, nonché dell'avvenuta deliberazione del Consiglio dei ministri.


2. Il Governo NON PUO', mediante decreto-legge:


a) conferire deleghe legislative ai sensi dell'articolo 76 della Costituzione;


b) provvedere nelle materie indicate nell'articolo 72, quarto comma, della Costituzione;


(art.72 costituzione, quarto comma, che disciplina la cosiddetta "riserva di legge": “La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi”)

c) rinnovare le disposizioni di decreti legge dei quali sia stata negata la conversione in legge con il voto di una delle due Camere;


d) regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti"





Ora, cosa c'è da interpretare di quel NON PUO' scritto sulla legge? E cosa vuol dire: "decreto interpretativo" che non esiste proprio come definizione (le leggi che interpretano le leggi si chiamano circolari, o  regolamenti: tutte robe che devono sottostare alla legge, che dice NON PUO').


Sono stanca, e non avrei voluto dover fare di questi pensieri. Cercherò di spegnere la mia testa nella speranza che tutto passi.





p.s.: ho riportato anche le lettere c e d dell'articolo, anche se apparentemente non riguardano la questione, perchè ho come il sospetto che possano costituire i prossimi problemi, e le prossime violazioni, che deriveranno da questa sciagurata scelta: il d) in particolare praticamente dice che il governo non può considerare validi i rapporti giuridici sorti (vedi l'elezione dei candidati pdl “ripescati”, nel caso specifico) nel caso in cui il parlamento non converta in legge questo decreto.


Il c invece dice che non si può riscrivere un decreto legge che “prolunghi la vita” di un decreto legge precedente se il primo non è stato convertito in legge dal parlamento.


Considerato quanto questo decreto legge sia contrastato mi aspetto confusione entro i prossimi 60 giorni, oppure – ed è pure peggio – un plumbeo silenzio anticostituzionale.
postato da LaRadman alle ore 06/03/2010 08:08 | Permalink commenti commenti (pop-up)
categoria: costituzioneconsiderazioni senza patriaprodi / berlusconinapolitano
04/03/2010

LA QUESTIONE FORMALE

E' difficile che in questo blog io metta commenti personali che non abbiano a che fare con argomenti di cui mi sia occupata.Ma è dallo scoppio della vicenda Formigoni – Polverini che non faccio altro che sentire dibattitti “sull'impossibilità di escludere il primo partito italiano alle elezioni” o sul “perchè la burocrazia possa fermare l'esercizio democratico dei cittadini”.

Tutte frasi che mi mandano in subbuglio, e non so se prevale in me lo sconforto o il senso di scandalo.

La vicenda la sanno tutti. Due liste elettorali, in Lazio e in Lombardia, presentavano gravi irregolarità rispetto alle regole stabilite: in un caso, più di 500 firme (Su 3500! percentualmente, un'enormità) non erano autenticate come la legge prescrive. Nel secondo, la lista non era nemmeno stata validamente presentata.

Il risultato è stato che Roberto Formigoni e Renata Polverini allo stato degli atti sono fuori dalle competizioni elettorali, salvo ripescaggi che costeranno leggi eccezionali. Entrambi gli errori riguardavano la Pdl: che non è “un grande partito storico” (come ho sentito dire). Certo, è grande per numeri, ma non è affatto storico. Malgrado i politici che si presentano siano in auge e popolarissimi da decenni, la struttura infatti ha poco più di un anno, partecipa per la prima volta alle regionali e proprio quello che è successo dice con chiarezza quanto poco sia rodata.

Che Formigoni e la Polverini non possano presentarsi alle elezioni regionali, è una distorsione evidente per tutti, e pure grave. Ma il fatto che il dibattito riguardi la “burocrazia” e “la magistratura” come se fossero loro i responsabili del pasticcio, lo trovo terribile. Con le elezioni, noi cittadini votanti eleggiamo coloro che prenderanno decisioni in nostra vece per quattro anni, sugli argomenti più importanti della nostra vita.

Per questo ci sono termini oggettivi, limiti formali. Non sono “burocrazia” sono il rispetto della legge italiana da chi quelle leggi concorre a formarle. Se quella burocrazia è troppo stringente, loro stessi potranno cambiarla, perchè sono loro il potere legislativo in Regione come nello Stato: diamo loro apposta questa delega. Il minimo che si dovrebbe pretendere è che chi ci delegherà non sia pasticcione.

Nel frattempo, però, vanno onorate. Regole come queste non possono e non devono subire distorsioni "in corsa", non condivise e codificate: perchè ne va di mezzo tutto il nostro convivere. Se arrivo tardi per presentare il ricorso in tribunale, mi arrabbio con la porta perchè è chiusa o con me che sono stato ritardatario? Se faccio tardi a scuola? Se non firmo un contratto dove poi perdo soldi?

Il mondo non è fatto a misura di singoli e gruppetti: e le regole sono fatte perchè le comunità vivano insieme fuori dal caos o dalle guerre. Le regole che servono a dare una delega in bianco a chi deciderà le nostre prossime regole di vita, poi, sono ancora più importanti.

Capisco che ad un caos del genere si finirà per dare una soluzione: ma io voglio che quella soluzione abbia come condizione primaria ammettere che l'errore è stato fatto da chi affrontato un momento solenne e un rito della democrazia con faciloneria. Perchè la forma è importante, e la "questione formale" è un problema di democrazia.
postato da LaRadman alle ore 04/03/2010 16:56 | Permalink commenti commenti (pop-up)
categoria: considerazioni senza patria

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